Ormai la parola variante è una parola che entra prepotentemente nelle nostre case. Ma nonostante, ormai, la maggior parte delle persone è informata sullo sviluppo della pandemia e sulla nascita di sempre nuove varianti, esiste ancora una larga parte di esse che invece continua a cercare notizie in rete, dove le fonti sono spesso di dubbia provenienza e soprattutto senza citare nessuna fonte di riferimento attendibile.
Per questo motivo, con questo articolo cercheremo di comprendere cosa dicono i nuovi studi e report scientifici sulla nuova variante che ha fatto capolino nel mondo da fine Novembre 2021. Ovviamente ancora dobbiamo capire molto su questa variante, e quindi i dati a nostra disposizione sono parziali e la situazione è sempre in continua evoluzione.

Il 26 novembre l’OMS ha designato la variante B.1.1.529 come ‘Variant of Concern’ (Voc), con il nome di variante Omicron. Ormai sappiamo che con l’acronimo “Voc” indichiamo varianti considerate potenzialmente più pericolose. In tutti i casi il virus presenta delle mutazioni sulla cosiddetta proteina ‘spike’, che è quella con cui il virus “si attacca” alla cellula.
Anche perché con l’emergere di varianti Voc come quelle alfa, beta e delta SARS-CoV-2 è stato associato a nuove ondate di infezioni, a volte in tutto il mondo.
La variante Omicron è stata isolata per la prima volta in campioni raccolti l’11 novembre in Botswana e il 14 novembre in Sud Africa, e al 22 dicembre era stata isolata in 110 paesi.
Partiamo subito con il descrivere questa variante in termini di mutazioni e cosa comporta possibilmente in termini di contagiosità e pericolosità .
Se analizziamo i dati sul sito GeneTex, vengono evidenziate le oltre 50 mutazioni nel suo genoma, almeno 32 sono nella proteina spike con quindici mutazioni puntiformi nell’RBD

di cui molte trovate in altri COV legati all’aumento della trasmissibilità e all’evasione immunitaria. Come altri COV, le mutazioni si trovano anche nella proteina nucleocapside di Omicron.
Ma cosa significa tutte queste mutazioni? Ve ne citerò alcune, quelle più degne di nota e soprattutto comprendere il perché di tutto questo studio.
Il dominio legante il recettore (receptor-binding domain, RBD) in blu nella figura in basso della proteina spike,

cioè la regione che attacca il recettore ACE2 delle cellule umane e permette al virus di fondersi con la cellula e di liberare il suo genoma, concentra molte delle mutazioni intervenute su Omicron.

Allora, le nuove mutazioni di Omicron non sono uniformemente distribuite, ma si concentrano in alcuni punti che alterano le proprietà funzionali. Molte di queste sono associate anche a numerose varianti già note alla comunità scientifica.
In particolare, le mutazioni K417N (condivisa con la variante Beta), T478K (condivisa con la variante Delta), N501Y (condivisa con la variante Alfa, Beta e Delta), ed alcune altre che modificano aminoacidi implicati nel legame con il recettore ACE2, possono conferire alla proteina spike di Omicron, delle mutate capacità di legame, rendendola più affine ad ACE2. Queste mutazioni possono causare dunque una maggior velocità di contagio, perché come abbiamo appena detto se la capacità di legare ACE2 migliora, allora il virus avrà un vantaggio nell’infettare le nostre cellule.
Questo fatto sembra essere in linea con la velocità di diffusione di questa variante in Sudafrica.

Quello che si evince è la sua elevatissima contagiosità .
Secondo un’analisi del fisico Giorgio Sestili, per comprendere quanto è contagiosa la variante Omicron, dobbiamo andare a valutare i dati più significativi in questo momento della Danimarca (DK) e del Regno Unito (UK), paesi che sequenziano moltissimo (in Danimarca addirittura il 100% dei tamponi molecolari positivi) e dove la variante è già dominante. Il tempo di raddoppio dei casi di Omicron è bassissimo, compreso fra i 2 e i 3 giorni.
Quindi l’indice di contagiosità è estremamente veloce, mai vista prima per nessuna variante. E’ da sottolineare anche che in Sudafrica e Botswana la percentuale di popolazione vaccinata è del 20%.
In poco tempo, la nuova variante Omicron, identificata per la prima volta in Sudafrica a fine Novembre, si è diffusa in tutto il mondo. Secondo gli ultimi dati, Omicron è già la variante dominante in Lombardia dove vivo e lavoro e nel resto d’Italia lo sarà a breve.
Secondo le dichiarazioni di Hans Kluge, direttore per l’Europa dell’OMS, la variante è stata già segnalata in 50 stati su 53 e, nella prima settimana del 2022, erano stati registrati oltre 7 milioni di nuovi casi.
Invece, un gruppo di mutazioni, in particolare la P681H, cadono in una zona di taglio per alcune proteasi, tra cui la furina, che “tagliano” spike e consentono l’ingresso al virus nelle cellule. Questo potrebbe avere delle implicazioni per l’infettività del ceppo ed anche per l’alterazione di alcuni epitopi, che potrebbero non essere visibili al sistema immunitario.

Un altro gruppo di mutazioni è concentrato nel dominio aminoterminale di spike (NTD, N-terminal domain) e questo causa grande allarme perché queste mutazioni, proprio in questo dominio specifico, potrebbero a priori, indebolire la capacità inattivante degli anticorpi, in quanto potrebbero cambiare la conformazione della proteina.
E invece i nuovi studi scientifici cosa dicono sulla sua pericolosità ? Abbiamo finalmente qualche dato più solido per riflettere, soprattutto su alcuni studi di laboratorio e anche analisi del tasso dei contagi nel mondo.
Ci sono studi, da revisionare, svolti ad Hong Kong, i dati mostrati non dimostrano affatto che Omicron sia meno severa di Delta nei polmoni, ma solo che è più abbondante nelle vie aeree superiori.

I ricercatori hanno scoperto che Omicron SARS-CoV-2 infetta e si moltiplica 70 volte più velocemente della variante Delta e SARS-CoV-2 originale nel bronco umano, il che potrebbe spiegare perché Omicron può trasmettere più velocemente tra gli esseri umani rispetto alle varianti precedenti. Il loro studio ha anche mostrato che l’infezione da Omicron nel polmone è significativamente inferiore rispetto all’originale SARS-CoV-2, che può essere un indicatore di una minore gravità della malattia.
Un preprint dal titolo: “SARS-CoV-2 Omicron-B.1.1.529 Variant leads to less severe disease than Pango B and Delta variants strains in a mouse model of severe COVID-19”, afferma che la patologia manifestata sia meno severa rispetto a quanto si osserva per Delta. Anche se i dati ancora sono preliminari e si basano su analisi qualitative (autopsia polmonare nei topi).
Invece un lavoro sempre in preprint, ma dove i dati sembrerebbero più solidi, è relativo a un gruppo guidato da uno dei principali esperti di coronavirus, il professor Gupta, a capo anche in questo caso di un’ampia collaborazione internazionale. In questo caso utilizzando pseudovirus in grado di esprimere le diverse varianti della proteina spike di SARS-CoV-2, si dimostra che la Spike di Omicron non è processata efficientemente dalle cellule che esprimono la proteasi TMPRSS2. Il motivo potrebbe risiedere nell’interazione meno efficace con la proteina TMPRSS2, presente sulla superficie di molte cellule polmonari e che aiuta il virus a eluderne le difese.
La proteina TMPRSS2 non sarebbe invece presente sulle cellule di naso e gola: questo potrebbe spiegare perché Omicron si comporti meglio nelle vie aeree superiori, dove presenta un’alta carica virale.

Un’ipotesi supportata anche da altri studi, come afferma un recente articolo su Nature, tra cui l’analisi dell’Università di Glasgow, in Scozia. Il condizionale resta, perché si tratta di dati preliminari in vitro.
Inoltre i dati sulla gravità clinica dei pazienti infettati con Omicron sono ancora preliminari: i primi dati da Sud Africa, Gran Bretagna e Danimarca suggeriscono una riduzione del rischio di ricovero per Omicron rispetto a Delta. Tuttavia il rischio di ricovero è solo uno degli aspetti della gravità della malattia.
Infatti ricordiamo che comunque anche se i dati fossero corretti, dobbiamo sottolineare che la popolazione non vaccinata è quella che subisce le conseguenze peggiori della malattia. Il grafico qui sotto mostra che, rispetto a coloro che sono vaccinati con due dosi da meno di cinque mesi, i non vaccinati finiscono in terapia intensiva 20 volte più spesso e hanno un tasso di morte 13 volte maggiore.

L’accumulo di questi dati è importante per comprendere la diffusione della pandemia e sui pericoli relativi di questa variante. Anche se come avete capito questo fattore è di difficile comprensione, relativa alla presenza di diversi fattori “confondenti”. Età media dei contagiati e percentuale di persone già vaccinati sono solo alcuni che potrebbero infatti “falsare” le conclusioni. I dati epidemiologici relativi al numero di contagi, ospedalizzazioni e decessi cominciano però ad indicare che al di là dell’età e dello status vaccinale la malattia da Omicron sembrerebbe meno severa come osservato negli studi in vitro e negli animali e questo potrebbe essere veramente una bella notizia.
Ma il problema rimane immutato, perché il tasso di una maggiore trasmissibilità è associato ad un maggiore stress per i sistemi sanitari già impegnati nel fronteggiare la variante Delta.
Concludiamo con la parte più importante e il nocciolo della questione, i vaccini ci proteggono anche dalla variante Omicron?
Al momento ci sono ancora dati limitati sull’efficacia dei vaccini nei confronti di Omicron. I risultati in Gran Bretagna indicano una riduzione significativa nell’efficacia vaccinale contro la malattia sintomatica da Omicron rispetto a quella da Delta dopo due dosi di vaccino Pfizer o AstraZeneca.
Un grande studio dove abbiamo a disposizione un preprint non ancora sottoposto a peer reviewed, suggerisce che i vaccini siano meno efficaci contro la variante Omicron, anche qui, non abbiamo ancora un valore preciso (per questo l’area della linea rossa è così grande), ma sappiamo che c’è un calo dell’immunizzazione).

E’ emersa, tuttavia una efficacia maggiore verso la malattia sintomatica due settimane dopo il booster, comparabile o leggermente inferiore a quella verso Delta.
I vaccini restano indispensabili per ridurre il rischio di malattia grave e morte, per cui è fondamentale aumentare le coperture vaccinali il più rapidamente possibile, e adesso abbiamo a disposizione anche delle procedure diverse e sicuramente più efficaci per contrastare la malattia Covid-19.
La situazione è sempre in continua evoluzione, abbiamo adesso dati più solidi e speriamo che questa sia l’ultima fiamma di questo drago chiamato SARS-Cov-2 che ha seminato morte, paura e divisioni sociali ed economiche.
Dott. Francesco Domenico Nucera
FONTE:
https://www.grupposandonato.it/news/2021/dicembre/terza-dose-vaccino-covid-perche-farla
https://www.hsr.it/news/2022/gennaio/variante-omicron-ultimi-aggiornamenti
https://www.agenas.gov.it/covid19/web/index.php
https://www.iss.it/cov19-omicron-cosa-sappiamo
https://www.biorxiv.org/content/10.1101/2021.12.17.473248v2.full.pdf