Oggi si parla tanto della catena del freddo, soprattutto considerando le attuali tecnologie alla base del trasporto e della conservazione dei nuovi vaccini a m-RNA contro il Covid-19. Ma la tecnologia e l’uso del freddo ha origini molto più antiche e come sempre la chimica ha una bellissima storia da raccontarvi a proposito del freddo. Pensate che già nel 1700a.C., nell’antica Persia esistevano le ghiacciaie.
REFRIGERAZIONE E CONGELAMENTO
L’impiego del freddo è uno dei sistemi di conservazione più diffusi nel settore alimentare che ha visto un notevole sviluppo soprattutto negli ultimi decenni. Che le basse temperature avessero un effetto conservante era noto da millenni, e questo fenomeno fu a lungo utilizzato dalle popolazioni che abitavano regioni dal clima particolarmente rigido.
L’impiego industriale del freddo è tuttavia una pratica relativamente recente, iniziate nell’800. Nel 1870 viene introdotto il congelamento come metodo di conservazione commerciale, ma solo nella prima metà del secolo scorso nasce e si diffonde la tecnica della surgelazione.
Ma la domanda più interessante, perché il freddo ha un ruolo così importante nelle pratiche di conservazione non solo degli alimenti, ma anche di numerosi farmaci?
Il freddo, intanto è una condizione non favorevole alla crescita e alla riproduzione di numerosi microrganismi. E soprattutto cosa c’entra la chimica con il freddo?
Benissimo carissimi lettori, iniziamo dall’ultima domanda! La chimica è predominante anche quando si parla di caldo o freddo. Infatti le reazioni chimiche possono essere influenzate da alcuni fattori, uno di questi è la temperatura. L’aumentare della temperatura può attivare una reazione chimica, come le basse temperature possono invece inibirla. E se parliamo di reazioni biochimiche, dove intervengono microrganismi, capite benissimo da soli che diventa fondamentale controllare questo parametro.
I microrganismi non sono in grado di svilupparsi al disotto di certe temperature e praticamente oltre i -18 °C ogni forma di attività microbica viene inibita per l’inattivazione degli enzimi e il conseguente rallentamento o blocco delle reazioni chimiche (esistono tuttavia alcuni lieviti e batteri capaci di svilupparsi anche a temperature di -20 °C).
Abbassando la temperatura, quindi, si osserveranno tutte quelle alterazioni chimico-fisiche che normalmente non potremmo notare.
Ma scendiamo di qualche scala più in basso, a livello molecolare, cosa succede, perché avviene il rallentamento e poi il blocco di ogni attività biochimica?
Il motivo per cui avviene il rallentamento e poi il blocco di ogni attività biochimica dipende dalle trasformazioni chimico-fisiche dell’acqua. Già, l’acqua come ben sapete, è un composto fondamentale per la vita. Perché, oltre ad essere il solvente dove tutte le biomolecole si trovano in soluzione, l’ acqua partecipa a tutte le reazioni di idrolisi e di condensazione che avvengono all’interno delle cellule di un organismo.

Considerate (ovviamente in una visione molto semplicistica e classica) le molecole di acqua come delle sferette che si muovono più o meno freneticamente al variare della temperatura e dello stato di aggregazione della materia.
Quando la temperatura scende, il movimento continuo delle molecole tende a divenire sempre più debole, fino alla solidificazione in ghiaccio.

Quanto più le molecole d’acqua rallentano il loro moto, tanto meno sono disponibili a svolgere le principali funzioni biochimiche, considerando anche il fatto che è il solvente principale per le reazioni biochimiche come i processi di alterazione microbica, enzimatica e chimica. Quando tutta l’acqua di un alimento sarà solidificata, l’attività biologica sarà, passatemi il termine, “ibernata”, cioè ci sarà un momento di stallo fino al momento dello scongelamento, allorché l’acqua tornerà allo stato liquido e potrà essere utilizzata di nuovo.
A dir la verità, le bassissime temperature possono svolgere ruolo microbicida, provocando la morte dei microrganismi più sensibili, perché una caratteristica dell’acqua, che è in controtendenza con altri composti chimici, è che al diminuire della temperatura aumenta il volume molecolare causando una rottura delle pareti cellulari e conseguente morte. Per questo motivo le qualità nutrizionali e organolettiche di un alimento scongelato saranno migliori quanto maggiore era lo stato di freschezza complessivo al momento del trattamento refrigerante.
La refrigerazione, ad esempio, è una tecnica molto utilizzata per la conservazione degli alimenti a bassa scadenza, perché la temperatura impiegata per refrigerare si aggira tra 1 e 4 °C, ma può scendere fino a -1 °C o innalzarsi fino a 8-10 °C. In queste condizioni, l’acqua cellulare non congela, e quindi come abbiamo detto prima le reazioni biochimiche non sono bloccate, ma saranno solo rallentate. Con la refrigerazione si possono conservare gli alimenti per alcuni giorni (latte, carni e pesci) o per alcune settimane (frutta e verdura, uova) senza che si verifichino modifiche dei caratteri organolettici e perdite di principi nutritivi.

Che le reazioni chimiche non sono bloccate, lo vediamo soprattutto in un processo molto importante nella carne, la frollatura, ovvero dove in questo periodo gli enzimi svolgono un ruolo fondamentale, ovvero di rilassare e distendere le fibre muscolari della carne, conferendogli maggiore morbidezza, intensificandone il gusto e donandogli anche una maggiore digeribilità.
Quindi sfatiamo un piccolo mito, la frollatura anche se sembra un processo disgustoso perché implica processi di degradazione, è invece la “quinta essenza” del gusto!
Dobbiamo ricordare che la refrigerazione uccide solo pochi parassiti, come le larve di Taenia solium.
Cosa molto diversa è invece il congelamento e la surgelazione. Le temperature sono molto inferiori della refrigerazione, utilizzando particolari refrigeranti (congelatori) si raggiungono rapidamente i -30/-40 °C.
In questo caso non tutta l’acqua presente negli alimenti cristallizza, infatti l’acqua che chiamiamo “legata”, perché si lega con interazioni di vario tipo con i componenti organici, rimane liquida. Questa acqua non viene utilizzata dai microrganismi.
A livello nutrizionale, diciamo che questa tecnica produce delle modificazioni che dipendono dall’alimento stesso: per esempio, gli alimenti proteici tendono a diventare più fibrosi.
Il processo di congelamento è suddiviso in due fasi:
Fase di nucleazione o cristallizzazione: ovvero la comparsa dei primi cristalli di ghiaccio, oltrepassato il punto crioscopico, tra 0 e -7°c, con la massima separazione dell’acqua allo stato solido;
Fase di accrescimento dei cristalli: l’acqua ancora allo stato liquido cristallizza intorno ai nuclei di cristallizzazione, che aumentano di volume. Se prevale la nucleazione avremo tanti minuscoli cristalli, se invece prevale l’accrescimento avremo pochi cristalli ma molto grossi.

La surgelazione, invece si differenzia dal congelamento non tanto per la temperatura di conservazione raggiunta, quanto nel tempo impiegato per raggiungerla. Secondo la legge, per i surgelati vi è l’obbligo di rispettare la cosiddetta “catena del freddo”: in pratica, la temperatura di conservazione non deve mai superare i -18 °C fino al momento del consumo.
La tecnologia di produzione del freddo
Ormai tutti in casa possediamo un frigorifero e la nostra vita da quando abbiamo questo elettrodomestico è enormemente cambiata. Ma nonostante siano passati circa 150 anni dalla sua scoperta e la tecnologia oggi anche in questo settore abbia fatto passi da gigante, il principio conservante, cioè il freddo, è rimasto inalterato.
Ma come è possibile realizzare il freddo? Durante le mie lezioni di termodinamica e termochimica è mia consuetudine approcciare la teoria del trasferimento del calore con esempi reali. Di cosa stiamo parlando? Bè diciamo delle leggi più importanti in natura. La termodinamica studia le trasformazioni dell’energia e, in particolare, le relazioni tra calore ed altre forme di energia.
Anche noi facciamo parte della termodinamica: siamo un sistema, ovvero la porzione di universo entro la quale avviene una trasformazione in un ambiente specifico.
Ecco cerchiamo di capire di più. Facciamo finta di comprendere questi fenomeni termodinamici, e ipotizziamo che il nostro ambiente è la cucina e il sistema da studiare è proprio il nostro frigorifero. Tra ambiente e sistema possono avvenire scambi di calore ed energia. Ma cosa facciamo quando diciamo che stiamo raffreddando il frigorifero? stiamo fondamentalmente prendendo del calore e lo stiamo trasferendo dall’interno del frigorifero all’esterno. E fin qui nessun problema trascendentale. Ma dopo poco tempo avremo il frigo già freddo e l’ambiente (la cucina) molto più calda.

Il frigorifero sembrerebbe violare il 2° principio della termodinamica, ovvero che il calore è trasmesso spontaneamente da un corpo più caldo ad uno più freddo.
Ma ecco la parola importante: “spontaneamente”! Ciò significa che per trasferire calore dal frigo alla cucina devo compiere un lavoro, ovvero un lavoro di tipo elettrico che dall’esterno forniamo al sistema, infatti se stacchiamo la spina al frigorifero il gioco è finito! Quindi per far funzionare il sistema stiamo immettendo dall’esterno energia sotto forma di corrente elettrica. L’enunciato di Clausius non è contraddetto perché il passaggio di calore dalla sorgente fredda a quella calda non è spontaneo, ma avviene a spese dell’energia elettrica fornita.

IL FRIGORIFERO
Quindi il frigorifero è considerato una macchina termica che:
• compie un lavoro negativo, cioè assorbe energia (tipicamente energia elettrica) dall’esterno;
• grazie a questa energia, assorbe calore da una zona a temperatura minore (l’interno del frigorifero);
• trasferisce questo calore a un’altra zona a temperatura maggiore (l’ambiente esterno).
Il ciclo termodinamico più utilizzato per raffreddare è quello“ a compressione” ideato nel XIX secolo dal fisico inglese Lord William Thomson, più noto come Kelvin. Il principio fisico alla base di questo processo sta nell’assorbimento e nel rilascio di calore attraverso l’evaporazione e la successiva condensazione di particolari fluidi cosiddetti “refrigeranti”.
In pratica, aumentando la pressione a temperatura costante, è possibile cambiare lo stato di un fluido da gassoso a liquido; al contrario, diminuendo la pressione si ottiene il processo inverso, da liquido a gassoso. Questi passaggi di stato determinano un aumento della temperatura in fase di condensazione e una sua diminuzione durante l’evaporazione. Il fluido refrigerante utilizzato nel ciclo a compressione deve avere la proprietà di evaporare a temperatura e pressione ridotte, di assorbire calore e di cederlo condensando a una temperatura e una pressione più elevate.
Il principio di funzionamento di un frigorifero si basa sul fenomeno dell’espansione Joule-Thomson di un fluido: il fluido, nell’attraversare una strozzatura, si raffredda. Il dispositivo delegato a questo scopo è la cosiddetta valvola di espansione.

La sostanza usata nel frigorifero deve avere la proprietà di condensare, anche a temperatura ambiente, a pressioni relativamente basse. Fino a non molto tempo fa era molto utilizzato il freon (dicloro-difluorometano), che liquefa a 20 °C se compresso a 5,6 volte la pressione atmosferica.

Negli anni ’70 si è però scoperto che il freon e altri composti analoghi (indicati collettivamente con la sigla CFC, che significa cloro-fluoro-carburi) danneggiano in modo serio la fascia di ozono che circonda la Terra e che ci protegge dai raggi ultravioletti provenienti dal Sole. Oggi sicerca di usare fuidi meno inquinanti tipo HFC e HFE.

Tra i primi usati c’era anche l’ammoniaca, economico e raggiungeva anche rapidamente temperature molto basse (fino anche a -60 °C). Unico inconveniente, che oltre ad essere tossico era corrosivo, e con l’aria poteva formare una miscela esplosiva.

Oppure si usa, e non solo in campo alimentare, ma anche in quello medico, refrigeranti come il ghiaccio secco. La CO2 portata a -78°C, viene definito “secco” perché in condizioni di pressione standard l’anidride carbonica passa dallo stato solido a quello gassoso per sublimazione ovvero senza passare per lo stato liquido. Nel terreno, sotterrato nei campi, attira e imprigiona le zecche, liberando il suolo circostante.
Ecco, diciamo che adesso ci siamo meritati una bella bibita rinfrescante. Prendiamola dal nostro frigo e pensiamo che è tutto merito della chimica e della fisica!
Dott. Francesco Domenico Nucera
FONTI:
https://www.istitutosurgelati.it/surgelato-e-congelato/
La termodinamica – 8. Il secondo principio della termodinamica- Amaldi, L’Amaldi 2.0 © Zanichelli 2010
Industria agroalimentare: Processi e tecnologie- Giorgio Mennaggia, Wilma Roncalli -Franco Lucisano Editore
http://www.openfisica.com/fisica_ipertesto/openfisica4/frigoriferi.php
http://www.science.unitn.it/~fisica1/fisica1/appunti/termo/cap_4/cap_4_4_1.htm