Alcuni mesi fa, ho avuto il privilegio di essere invitato presso la nuova sede della AICTC – Associazione Italiana di Chimica Tessile e Coloristica. L’ Associazione, oggi diventata ente del terzo settore, focalizza la propria azione sulla divulgazione tecnico-scientifica in ambito tessile, coloristico e chimico, mantenendo così viva la lunga tradizione e la cultura tessile italiana.
Insieme al Presidente, Stefano Cavestro, ho potuto analizzare e leggere moltissimi articoli e giornali dal loro archivio nazionale a Cadorago. Un vero è proprio luogo di culto per gli amanti della chimica dei pigmenti.
Immaginate la mia meraviglia nello scoprire la storia del pigmento più raro in natura: il blu! Ed oggi ve la vorrei raccontare, ringraziando ancora il Presidente della AICTC – Associazione Italiana di Chimica Tessile e Coloristica per la collaborazione.

La civiltà egizia è stata una delle più antiche e influenti della storia. Non solo hanno costruito alcune delle più imponenti strutture del mondo, ma hanno anche fatto grandi progressi in molti campi, tra cui la chimica dei pigmenti.
Ebbene si, gli antichi egizi erano degli straordinari chimici e la loro scienza era molto utile in medicina e anche nell’arte. La chimica dei pigmenti era fondamentale per l’arte egizia, e molte delle tecniche utilizzate all’epoca sono ancora impiegate oggi.
Quali colori utilizzavano gli Egizi?
I pigmenti egizi erano realizzati utilizzando una grande varietà di materiali naturali, come argille colorate, carbone, ossidi di ferro, ossido di piombo, lapislazzuli e malachite.
Inoltre, gli antichi egizi svilupparono anche tecniche per produrre pigmenti sintetici, come il blu egizio, ottenuto mediante la reazione tra sabbia silicea, carbonato di calcio, rame e soda.
Uno dei pigmenti più noti della civiltà egizia è il rosso di ossido di ferro, che veniva ottenuto bruciando ossido di ferro rosso a temperature estremamente elevate. Questo pigmento è stato utilizzato in molte opere d’arte egizie, tra cui le famose statue di Ramses II.
Un altro pigmento molto importante per gli antichi egizi era il nero di carbone, ottenuto bruciando legno o altri materiali organici senza ossigeno. Il nero di carbone è stato utilizzato per creare molti dettagli nelle opere d’arte egizie, come i contorni degli occhi delle statue e delle raffigurazioni di faraoni.
Ma forse il pigmento più prezioso della civiltà egizia era il lapislazzuli, un minerale blu profondo che veniva importato dalla lontana Afghanistan. Il lapislazzuli era considerato un simbolo di potere e prestigio, ed era utilizzato solo per le opere d’arte più importanti. La polvere di lapislazzuli veniva mescolata con olio e utilizzata per dipingere scene sacre sui sarcofagi e sulle pareti delle tombe.

Le tecniche di produzione dei pigmenti egizi erano sorprendentemente sofisticate per l’epoca, e molte di queste tecniche sono ancora utilizzate oggi nella produzione di colori e pigmenti. Ad esempio, gli antichi egizi utilizzavano un processo di macinazione per produrre polveri fini di pigmento, che poi venivano mescolate con leganti per creare vernici e colori.
Tuttavia, a differenza di altri colori come il giallo, il rosso, il verde o il marrone per i quali si trovano facilmente materiali comuni come le terre in grado di restituirne diverse tonalità, la natura offre pochi materiali in grado di fornire i pigmenti adatti per riprodurre su una tela o in un affresco il blu.
Come ottenevano il blu gli egizi?
Fin dall’alba della civiltà la preparazione di pigmenti blu costituì un grosso problema. Si tratta infatti di una gamma cromatica rara in natura e non ottenibile dalla miscela di tonalità diverse, essendo il blu (insieme con il rosso e il verde) uno dei tre colori primari nella sintesi additiva.
Gli artisti preistorici fecero fronte a questa necessità sostituendolo con impasti dalle tinte affini. Ad esempio il nero di carbone in alcune pitture rupestri appare come blu scuro. Ma furono gli antichi Egizi a risolvere il problema, producendo il primo pigmento sintetico in assoluto: il Blu Egizio. Col Blu Maya e il lapislazzuli, completa la triade dei pigmenti blu più diffusi nell’antichità. Il blu egiziano era il colore simbolo del cielo e delle divinità celesti. Ad esempio a volte veniva colorato di blu il volto di Amon. L’azzurro o le varianti di blu chiaro sono invece utilizzate per rappresentare l’acqua.
Ma come si fa il blu egizio?

Il blu egizio, noto anche come “blu egiziano” o “azzurro egiziano”, è un pigmento di colore blu brillante che è stato utilizzato dagli antichi egizi per decorare tombe, statue, amuleti e altri oggetti.
La scoperta del blu egizio risale al 1802, quando il chimico francese Louis Jacques Thénard lo isolò per la prima volta da un frammento di ceramica egiziana. Il pigmento era composto principalmente da ossido di rame e silicato di alluminio, ed era noto per la sua stabilità e resistenza al deterioramento.
Il processo di produzione del blu egizio era molto complesso e richiedeva una conoscenza avanzata di chimica e metallurgia. Gli antichi egizi producevano il pigmento riscaldando una miscela di composti chimici a temperature elevate, intorno ai 900°C.
Ancora oggi non sappiamo esattamente come gli egizi siano riusciti a sintetizzare tale pigmento, anche perché mescolare tutti gli ingredienti e trovare le temperature adatte non era semplice per quei tempi, anche se molto probabilmente erano due le vie utilizzate: mescolando la silice con il carbonato di calcio e la limatura di rame, oppure utilizzando dei minerali come la malachite ed infine una sostanza contenente sodio. Il sodio è fondamentale, abbassa il punto di fusione della silice, perché la silice fonde a temperature altissime. Durante il riscaldamento, gli atomi di rame si diffondono nella struttura di silicato di alluminio, creando il colore blu caratteristico del pigmento.
Chimicamente, il blu egizio è composto principalmente da silicato di alluminio e rame (II) (ossido di rame e silice), con la formula chimica Cu2O.Al2O3.4SiO2.
Se tra i minerali contenenti rame veniva utilizzata la malachite, la reazione che avveniva era la seguente:
Cu2CO3(OH)2 + 8 SiO2 + 2 CaCO3 → 2 CaCuSi4O10 + 3 CO2 + H2O
Applicazioni moderne del blu egizio
Il blu egizio è un pigmento con una composizione chimica unica e con proprietà fisiche e chimiche molto interessanti. Il pigmento di blu egizio è noto per la sua stabilità e resistenza al deterioramento, che lo rende un materiale molto apprezzato non solo in campo artistico.
Gli scienziati, infatti, hanno scoperto che il blu egizio ha anche alcune proprietà uniche a livello chimico. Ad esempio, il pigmento può essere utilizzato come sensore di umidità e di temperatura, grazie alla sua capacità di assorbire e rilasciare molecole d’acqua. Il blu egizio è anche stato studiato per le sue proprietà antibatteriche, grazie alla presenza di rame nella sua struttura chimica. Queste proprietà possono essere utilizzate in campo medico, ad esempio per la produzione di materiale sanitario antimicrobico. Gli scienziati hanno scoperto che il pigmento può inibire la crescita di batteri come lo Staphylococcus aureus e l’Escherichia coli.

Qualche anno fa, il blu egizio ha catturato l’interesse del mondo scientifico per le sue applicazioni nell’imaging diagnostico, nei telecomandi e in inchiostri di sicurezza, come si legge in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the American Chemical Society.
I ricercatori hanno scoperto che il pigmento si può rompere in nanofogli sottilissimi, un pò come la grafite nelle nostre matite! Questi strati generano una radiazione infrarossa invisibile analoga alle caratteristiche del segnale che i dispositivi di controllo remoto, come i telecomandi per la TV o per l’apertura dell’auto, usano per comunicare con gli apparecchi che comandano, ma si può considerare l’impiego del Blu Egiziano anche per dissipare calore in applicazioni termiche e per ottimizzare le prestazioni di celle fotovoltaiche.
Questa scoperta apre la strada ad una nuova classe di nanomateriali.
Insomma, gli antichi egizi usavano questo pigmento per dipingere, ma molto probabilmente il blu egizio oggi ha ancora molto da raccontare!
Dott. Francesco Domenico Nucera
FONTE:
- Berke, Heinz. “Chemistry in ancient times: the development of blue and purple pigments.” Angewandte Chemie International Edition 41.14 (2002): 2483-2487
- https://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2020/04/06/news/dal_colore_di_nefertiti_un_aiuto_per_la_ricerca_biomedica-253273746/
- Nanoscience of an Ancient Pigment
- Accorsi, G. et al. (2009). “The exceptional near-infrared luminescence of cuprorivaite (Egyptian blue)”. Chemical Communications, Issue 23, p. 3392.